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Sorprendente successo di pubblico per la Prima serata tenuta dal Team Bike Gussgo martedì 21/04/2015 presso la sede Azimut di via Turati a Brescia.
Roberto ghidoni è stato accolto da applausi quando ha iniziato a raccontare quello che a tuttoggi è da considerare un'avventura al limite dell'impossibile.
Roberto Ghidoni Nasce nel 1952 a Brescia ma dopo pochi anni, per motivi di lavoro del padre si trasferisce con la famiglia a Milano. Le montagne dell'alta Val Trompia diventano presto la "via di fuga" dalla città. L'amore per la natura cresce a tal punto che Roberto, studente di Ingegneria del terzo anno, decide di cambiare vita scegliendo di aprire una piccola azienda agricola a Ludizzo di Bovegno. Nel settore sportivo nonostante l'impegno dell'attività lavorativa, riesce ad affermarsi a livello nazionale nello sci alpinismo. Nel 1999 vene a sapere attraverso il biker e amico Willy Mulonia, che in Alaska, in pieno periodo invernale, si svolge una gara estrema. La competizione, che si chiamava allora Iditasport Extreme (per la distanza di 560 km) e Iditasport Impossible (nella versione completa di 1800 km), si snoda sul medesimo percorso dell'Iditarod, la corsa con i cani da slitta più dura e famosa al mondo. I concorrenti possono partecipare come runners, bikers o skiers, con l'obbligo di procedere in completa autosufficienza. Nel febbraio del 2000 Roberto si iscrive come runner alla Idita Extreme, sulla distanza di 560 km e subito arriva al terzo posto: il mal d'Alaska era iniziato. L'anno dopo partecipa, sulla medesima distanza, facendo segnare il primo posto ex aequo. Nel 2002 la competizione cambia nome e diventa lditatrail Invitational. Roberto partecipa sulla distanza di 1765 km con Variante Nord e in questa edizione fa registrare due record: prima abbassa di oltre 10 ore quello sulla distanza dei 560 km, impiegando 5 gg e 16 h. Al secondo traguardo, dopo 1765 km, al paese di Nome giunge in 22 gg. 6 h e 6', migliorando il precedente record di 4 giorni e mezzo. Il sindaco di Nome con una scolaresca di bambini Io attendono al traguardo. L'"Anchorage Daily News" scrive un intero articolo sull’Italian Moose e anche i giornali locali parlano dell'impresa. Roberto, improvvisamente, diventa famoso tra la gente dell'Alaska. L'edizione del 2003, ridotta a 1265 km per questioni climatiche, lo vede vincitore assoluto: è la prima volta, nella storia di questa competizione, che un runner precede i concorrenti con gli sci e le mountain bike. Nel 2004 è ancora In gara per tentare di ritoccare il proprio tempo sulla distanza dei 560 km. Bloccato da una tromboflebite alla gamba non riesce nell'intento ma conquista comunque il primo posto nella categoria runner, infliggendo 11 ore al secondo classificato. Nel 2005 Roberto affronta l'ultima sfida, la più dura. Iditatrail South Route: percorso di 1800 km che si snoda lungo lo storico trait con Variante Sud, rotta riconosciuta come la più provante per la grande distanza tra i check point e per le condizioni del vento contrario che usualmente si incontrano. Roberto chiude anche questa grande avventura, facendo tra l'altro segnare il nuovo record. 23 gg e 10 h, migliorando il precedente tempo di 3 gg e 13 h. Il film "Tracce", girato nell'occasione dal regista Marco Preti, è una suggestiva testimonianza dell'impresa compiuta. Ogni anno Roberto ha dedicato, nonostante il lavoro, circa sei mesi del proprio tempo per allenarsi, percorrendo, in gran parte di notte, circa 5000 km di corsa. A 52 anni compiuti, con 35.000 km di corsa nelle gambe, da sommare ai 6700 percorsi in gara, Roberto, concludendo l'ultima gara con il cuore gonfio di emozioni, ha pronunciato le seguenti semplici parole: "...sono proprio felice".
Commenti
Superman esiste
Che dire di Roberto Ghidoni che non hanno già scritto?
Abbiamo avuto il piacere e il privilegio di conoscere, non solo l'atleta, ma una persona ampiamente fuori dal comune. Un uomo lacerato dagli spettri della sua immensa impresa in Alaska, che ancora lo turbano e lo richiamano a quella terra lontana. Quando ne parla si capisce l'immane sofferenza che deriva da questa inadeguatezza nel dover vivere una vita "normale".