Inutile nascondere che il mito dell’endurance supera di gran lunga nella società moderna quello delle prestazioni assolute di velocità. Non le sminuisce assolutamente, ma l’impresa in questo campo non è solo del professionista ma più spesso dell’amatore. Si, quell’appassionato che si sveglia presto nei weekend, che ruba il tempo a famiglia e lavoro per cimentarsi in un’impresa fine a se stessa. Può essere una maratona, un trail in montagna o nel deserto o può essere un ironman di triathlon. Eccoci a parlare di quella gara nata alle Hawaii nel 1978 e che ad oggi raccoglie appassionati in continuo aumento in ogni parte del mondo. Se di ironman o distanze ironman ce ne sono un po’ ovunque, quello che si disputa ogni anno ad ottobre alle Hawaii come campionato del mondo è la ciliegina di questa disciplina, non fosse solo che per parteciparvi bisogna aver già speso nell’anno parecchio sudore cercando la qualifica in una gara del circuito Wtc. Quest’anno due nostri dreamers, Antonio e Mauro hanno ottenuto questo privilegio guadagnato in Sudafrica. Ieri 13 ottobre erano ai nastri di partenza. La sveglia alle quattro di mattina e l’avvio verso la zona cambio porta con se tutti i timori e le incertezze tipiche di una gara di lunga distanza...mi sono allenato abbastanza? Come saranno le condizioni meteo? Il vento sarà forte? Come affrontare tutte queste paure quando immersi nell’acqua si aspetta che il cannone annunci la partenza? In quel momento finalmente tutti i dubbi svaniscono e ci si concentra sul momento. La competizione anche se solo con se stessi toglie le paure e ci da un senso di libertà e onnipotenza, siamo qui!!! Dei privilegiati. Finisce il nuoto e si parte in bici. Ora bisogna fare i conti con l’isola. Big Island in questo senso spesso ci offre difficoltà arcigne che spremono i muscoli e lasciano un senso di inferiorità negli atleti, al cospetto dei vulcani e delle colate laviche, magra compagnia per un panorama spettacolare. Oggi però l’isola è stata clemente. Il temuto vento non ha soffiato e i nostri ragazzi rendono omaggio a madama Pele dea dei vulcani, ringraziandola.
La corsa però ci riporta coi piedi per terra, incollati a terra dal calore soffocante. Il nero dell’asfalto e della lava aiutati da un sole cocente e da un’umidità pazzesca rendono il tragitto verso l’arrivo un vero viaggio all’inferno!!! I nostri però, indomiti per quanto sofferenti raggiungono il traguardo colmi di una gioia irrefrenabile. Eppure ora è tutto finito. Un sogno atteso per mesi, una mattina di agitazione prima del via e ora? Cosa rimane? Certo, il ricordo dell’impresa, il nuoto nell’oceano, pedalare sulla Queen K, correre sulla Ali’i drive, ma poi?
Rimane l’appagamento di un sogno realizzato, risultato di sacrifici e privazioni familiari. Il senso di vuoto che ne segue rimarrà per poco...un altro sogno presto sarà cercato!!!
Inutile nascondere che il mito dell’endurance supera di gran lunga nella società moderna quello delle prestazioni assolute di velocità. Non le sminuisce assolutamente, ma l’impresa in questo campo non è solo del professionista ma più spesso dell’amatore. Si, quell’appassionato che si sveglia presto nei weekend, che ruba il tempo a famiglia e lavoro per cimentarsi in un’impresa fine a se stessa. Può essere una maratona, un trail in montagna o nel deserto o può essere un ironman di triathlon. Eccoci a parlare di quella gara nata alle Hawaii nel 1978 e che ad oggi raccoglie appassionati in continuo aumento in ogni parte del mondo. Se di ironman o distanze ironman ce ne sono un po’ ovunque, quello che si disputa ogni anno ad ottobre alle Hawaii come campionato del mondo è la ciliegina di questa disciplina, non fosse solo che per parteciparvi bisogna aver già speso nell’anno parecchio sudore cercando la qualifica in una gara del circuito Wtc. Quest’anno due nostri dreamers, Antonio e Mauro hanno ottenuto questo privilegio guadagnato in Sudafrica. Ieri 13 ottobre erano ai nastri di partenza. La sveglia alle quattro di mattina e l’avvio verso la zona cambio porta con se tutti i timori e le incertezze tipiche di una gara di lunga distanza...mi sono allenato abbastanza? Come saranno le condizioni meteo? Il vento sarà forte? Come affrontare tutte queste paure quando immersi nell’acqua si aspetta che il cannone annunci la partenza? In quel momento finalmente tutti i dubbi svaniscono e ci si concentra sul momento. La competizione anche se solo con se stessi toglie le paure e ci da un senso di libertà e onnipotenza, siamo qui!!! Dei privilegiati. Finisce il nuoto e si parte in bici. Ora bisogna fare i conti con l’isola. Big Island in questo senso spesso ci offre difficoltà arcigne che spremono i muscoli e lasciano un senso di inferiorità negli atleti, al cospetto dei vulcani e delle colate laviche, magra compagnia per un panorama spettacolare. Oggi però l’isola è stata clemente. Il temuto vento non ha soffiato e i nostri ragazzi rendono omaggio a madama Pele dea dei vulcani, ringraziandola.
La corsa però ci riporta coi piedi per terra, incollati a terra dal calore soffocante. Il nero dell’asfalto e della lava aiutati da un sole cocente e da un’umidità pazzesca rendono il tragitto verso l’arrivo un vero viaggio all’inferno!!! I nostri però, indomiti per quanto sofferenti raggiungono il traguardo colmi di una gioia irrefrenabile. Eppure ora è tutto finito. Un sogno atteso per mesi, una mattina di agitazione prima del via e ora? Cosa rimane? Certo, il ricordo dell’impresa, il nuoto nell’oceano, pedalare sulla Queen K, correre sulla Ali’i drive, ma poi?
Rimane l’appagamento di un sogno realizzato, risultato di sacrifici e privazioni familiari. Il senso di vuoto che ne segue rimarrà per poco...un altro sogno presto sarà cercato!!!